Milena, dall'astigiano alla California, passando per Parigi

“Da ottobre 2016 vivo a Los Angeles, in California, ma avevo già lasciato l’Italia per trasferirmi a Parigi, in Francia, nel 2011. Sin dall’adolescenza avevo capito che la mia vita non sarebbe stata contenuta entro i confini della nostra penisola. Fermo restando le sue bellezze paesaggistiche, il suo impareggiabile patrimonio culturale e le sue prelibatezze enogastronomiche — soprattutto in Piemonte – sentivo che mi mancava “qualcosa” in Italia. Credo che questo “qualcosa” fosse, da una parte, la ricerca di una mentalità più aperta ed incline ad accogliere con entusiasmo la diversità in tutte le sue forme, e, dall’altra, un’insaziabile curiosità e voglia di avventura.

Nel 2011, grazie ad una borsa di studio, ebbi l’occasione di trasferirmi da Torino, dove avevo conseguito la mia laurea triennale in Lettere Antiche, a Parigi, per un master alla Sorbonne. Parigi è un’opera d’arte a cielo aperto, e tuttora penso a quella città come si pensa al primo amore, con un velo di nostalgia, e tanta gratitudine. Però, durante il mio dottorato in Linguistica Greca, sempre alla Sorbonne, venni a conoscenza dell’esistenza di un docente di nome Brent Vine, direttore del Program in Indo-European Studies all’Università della California di Los Angeles. Il profilo del Professor Brent Vine, a metà strada tra il linguista e il classicista, era molto affine al mio, perciò decisi che avrei fatto il possibile per poter lavorare al suo fianco e imparare da lui.

Nel 2015 sviluppai un progetto di ricerca sui rapporti sociolinguistici tra i Greci e i Frigi e inviai la mia candidatura alla Fondation Marcel Bleustein-Blanchet “pour la Vocation” di Parigi. Il mio progetto fu selezionato insieme a quello di altri venti giovani talenti in tutti i campi fra ben oltre quattromila candidati. Così, nell’ottobre del 2016 lasciai la sofisticata Parigi e mi trasferii nell’assolata Los Angeles per lavorare come Visiting Researcher a UCLA, finanziata dalla Fondation Marcel Bleustein-Blanchet.”

Pubblicato il 13.05.2021

da: Coazzolo (AT)
a: Los Angeles, California

#scapàdaca #piemontesinelmondo #losangeles #california #coazzolo #langhe #monferrato

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Pubblicato il 13.05.2021

da: Coazzolo (AT)

a: Los Angeles, California

#scapàdaca #piemontesinelmondo #losangeles #california #coazzolo #langhe #monferrato

“Dopo un Dottorato di Ricerca alla Sorbonne in Linguistica Greca e un periodo come Visiting Researcher a UCLA nel Program in Indo-European Studies, sono Research Fellow al Center for Hellenic Studies dell’Università di Harvard a Washington D.C.. Il mio attuale progetto di ricerca consiste nel trasformare il secondo capitolo della mia tesi di dottorato, sostenuta summa cum laude nel 2019, in una monografia intitolata: “Entwining Greek with Asian Speech. Studies on Timotheus of Miletus’ The Persians”. Si tratta di un’opera volta a spiegare alcuni aspetti finora incompresi o inesplorati di un poema di Timoteo di Mileto dal titolo “I Persiani”, ritrovato su un papiro ad Abusir, in Egitto, all’inizio del secolo scorso.

Nel frattempo sto pubblicando diversi articoli scientifici e continuo a dare conferenze, nei limiti imposti dall’attuale crisi sanitaria. Incominciai a studiare il greco antico negli anni del Liceo, però non sapevo, all’epoca, che sarebbe diventato la mia professione. Dopo il diploma decisi di seguire la mia passione per la fotografia e il disegno all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano. Tuttavia, più il tempo passava, più mi accorgevo che mi mancava il greco! Per questo, dopo un anno, mi iscrissi a Lettere Classiche all’Università di Torino. La scelta di Torino fu quasi obbligata per via della prossimità geografica con la mia famiglia, però non ne sono affatto pentita perché la maggior parte dei docenti era veramente valida, e la grazia discreta della città sabauda ebbe una certa risonanza in me. Da adolescente non avevo idea che sarebbe successo tutto quello che sto vivendo oggi. Da parte mia, ho sempre studiato le lingue e le culture antiche per amore: c’è qualcosa di intrinsecamente poetico nel ridare voce a civiltà morte da secoli. Che poi questa cosa mi avrebbe portata a fare la ricercatrice per Harvard, non l’avrei mai potuto nemmeno lontanamente immaginare.”

Pubblicato il 14.05.2021

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Pubblicato il 14.05.2021

“Qui a Los Angeles, paradossalmente, è stato meno difficile costruire una rete sociale che a Torino, o a Parigi! In generale, Los Angeles è una città molto accogliente nei confronti degli stranieri. Ovviamente, quando arrivai, nel 2016, le mie conoscenze si limitavano a dottorandi e giovani ricercatori di UCLA. Poi, poco per volta, sono entrata in contatto con persone al di fuori dell’ambiente accademico, soprattutto con creativi del mondo di Hollywood – sono ovunque! Attualmente, c’è una persona nella mia vita che viene proprio dall’industria dell’entertainment e mi trovo benissimo. A dispetto di quanto si possa immaginare dall’esterno, non è soltanto un mondo superficiale e frivolo, come i giornali scandalistici lo dipingono: è sicuramente molto più vero per gli attori, ma dall’altra parte della telecamera ci sono professionisti molto seri e creativi con belle storie da raccontare.
Qui a Los Angeles ho conosciuto molti italiani, soprattutto del centro-sud (Abruzzo, Campania, Calabria), ma nessun piemontese.”

Pubblicato il 15.05.2021

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Pubblicato il 15.05.2021

“Il momento più felice della mia esperienza di expat fu quando, a Parigi, appresi che la Fondation Marcel Bleustein-Blanchet aveva deciso di finanziare il mio progetto di ricerca. Il processo di selezione era stato lungo e snervante. Avevo inviato la mia candidatura a maggio del 2015 e ad ottobre, ancora, non si sapeva nulla. Un pomeriggio squillò il telefono fisso: era la vice-presidente della Fondazione che mi comunicava che ero tra i finalisti, e che voleva vedermi di persona. Il colloquio fu un successo e il 30 novembre 2015 ero sul palco del Théâtre de Paris con gli altri vincitori per la cerimonia di premiazione pubblica. Fu una grandissima emozione. Grazie a quel finanziamento, un anno dopo circa, si concretizzò il mio sogno di lavorare con Brent Vine a UCLA.

Di momenti difficili ce ne sono stati molti ma credo che il peggiore in assoluto sia stato affrontare le pratiche per l’ottenimento della mia Green Card per merito, cioè con un National Interest Waiver. Ottenerla è molto difficile: è necessario ricorrere ad un avvocato immigrazionista, inviare una petizione all’U.S. Department of Homeland Security e montare un dossier che dimostri le proprie capacità eccezionali attraverso (nel mio caso) pubblicazioni scientifiche, conferenze internazionali, parere di esperti, risonanza mediatica, una dozzina di lettere di raccomandazione da esperti a livello mondiale, ecc. Il materiale deve essere tradotto in inglese e asseverato da un notaio affinché l’avvocato possa scrivere la petizione, e non è detto che questa venga accolta. Cominciai a lavorare sul mio dossier a fine febbraio 2020, proprio qualche settimana prima che venisse proclamato ufficialmente lo stato di pandemia. Malgrado le difficoltà, il dossier è stato processato con successo durante il mese di agosto del 2020 e sono ora ufficialmente in attesa della mia Green Card con National Interest Waiver. Non auguro a nessuno l’altalena emotiva che ho dovuto affrontare nei mesi scorsi!”

Pubblicato il 17.05.2021

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Pubblicato il 17.05.2021

“Amo Los Angeles con tutto il mio cuore. Avevo cominciato a sognare la California quando ero un’adolescente che ascoltava musica punk e imparai l’inglese americano cantando le canzoni delle mie band preferite. E poi eccomi lì, quindici anni dopo, su quell’aereo. Quello per Los Angeles fu il mio primo volo intercontinentale, ed era di sola andata. Mi stavo lasciando alle spalle la vecchia Europa, una relazione stabile a Parigi, e tutta la mia famiglia in Piemonte. Ero completamente sola. Durante quel volo versai tutte le mie lacrime. Avevo paura che dopo tanti anni di sogni, alla fine mi stessi aspettando troppo. La vista del cielo di Los Angeles al tramonto fu la cosa più bella che io abbia mai visto; nonostante il jet-leg e il fatto che fossi sola a 9.000 km di distanza da tutto ciò che avessi mai conosciuto, in quel momento mi sentii a casa.

La vegetazione a Los Angeles è lussureggiante: ci sono cactus, palme, piante e fiori tropicali che ospitano uccelli, colibrì inclusi, e scoiattoli. Le temperature non oscillano e ci sono solo due stagioni, secca e umida. Il sole splende pressoché ogni giorno. Nel giro di pochi km si passa dalle spiagge del Pacifico ai canyon, dai grattacieli alle graziose villette. La diversità etnica e culturale contraddistingue la città e ciò significa ristoranti di tutte le cucine del mondo – sebbene la più diffusa sia quella messicana. Il costo della vita è elevato per tutti gli ambiti: dall’affitto ai generi alimentari, dai servizi alle spese mediche. Non esiste un vero e proprio sistema di trasporto pubblico e inizialmente non è stato facile abituarmi. Come in tutte le metropoli, ci sono quartieri da evitare: è importante non mettere piede a Skid Row, distretto di Downtown famoso per il famigerato Cecil Hotel, con le sue storie di violenza, droga e prostituzione. L’area contiene una delle più grandi popolazioni stabili di senzatetto negli U.S.A. e vedere la desolazione delle tendopoli che si estendono per km è destabilizzante.”

Pubblicato il 19.05.2021

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Pubblicato il 19.05.2021

“In Piemonte abitavo a Coazzolo, un paesino di 300 abitanti al confine tra le province di Asti e Cuneo. Mi mancano i miei genitori, i miei amici, il mio cagnolino, e tutti gli antipasti piemontesi. Ci sono momenti in cui sbavo al pensiero di un vitello tonnato fatto come si deve, di un bel tagliere di affettati, o di uno sformatino di cardo alla fonduta. Ogni volta che torno a Coazzolo sequestro i miei amici per andare a mangiare antipasti nei ristoranti dei dintorni di Asti o Alba. E non solo gli antipasti… vogliamo parlare degli agnolotti del plin con riduzione d’arrosto, degli gnocchetti con fonduta di Castelmagno, o della bagna cauda? Senza dimenticare le vinerie… Sono un’appassionata dei nostri vini piemontesi e non perdo occasione per convertire al Nebbiolo o al Moscato tutti quelli che incontro. Li indottrino sulle differenze tra Barbaresco e Barolo. Li rimbambisco con i miei discorsi sugli abbinamenti migliori da fare tra vino e portata.

In generale mi manca molto l’aspetto conviviale del pasto al ristorante, che negli Stati Uniti non esiste. Qui finiscono di mangiare e pagano il conto, non restano seduti a chiacchierare con gli amici come noi. Decisamente, invece, non mi mancano i giorni uggiosi dell’autunno piemontese, umidi e freddi, tutti uguali. Non mi mancano le gelide mattine d’inverno trascorse aspettando il treno nella stazione di Asti per Torino Porta Nuova, nei primi anni di università. Non mi mancano la solitudine e il disagio della mia adolescenza, che per quanto distante anni luce, è sempre presente in quelle colline che mi hanno vista piangere chiedendomi: “Cos’ho di sbagliato?” – per poi scoprire, dall’altra parte del mondo, che vado benissimo così. E ora è sempre un piacere tornare a casa. Per ora non penso che tornerò in Italia stabilmente. A Los Angeles sono felice, non mi manca niente.”

Pubblicato il 21.05.2021

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Pubblicato il 21.05.2021

“Il 2020 è stato un anno molto difficile per me. Dopo un Capodanno passato in solitudine a Washington D.C., per via di una conferenza, avevo avuto la possibilità di rientrare a Coazzolo a metà febbraio, per festeggiare il compleanno insieme alla mia famiglia e ai miei amici. Proprio in quei giorni in Italia si stavano registrando i primi casi di COVID-19 ed ero riuscita a tornare a Los Angeles il 29 febbraio per il rotto della cuffia, con un volo quasi vuoto. Da allora, non ho più avuto modo di tornare a Coazzolo. Non ho sofferto molto per via della quarantena in sé: a parte il fatto che la vita di un ricercatore in linguistica storica – conferenze internazionali escluse – non è molto avventurosa, a Los Angeles il lockdown è sempre stato molto più permissivo rispetto all’Italia. Già durante la prima ondata potevamo uscire e fare sport tranquillamente nei limiti del proprio quartiere. Da parte mia, non sono mai stata così in forma come nel primo semestre del 2020!

La cosa più dura in assoluto, invece, è stata affrontare le pratiche per l’ottenimento della mia Green Card proprio durante i primi mesi della pandemia. Le restrizioni sull’immigrazione promulgate dall’amministrazione Trump mi hanno fatto temere a più riprese di dover lasciare gli Stati Uniti da un momento all’altro. Per fortuna, la situazione è migliorata da questo punto di vista, ma i divieti per i viaggi non essenziali da un continente all’altro restano in vigore. Per ora, rivedere la mia famiglia e i miei amici resta un miraggio. Non sono mai stata una persona molto nostalgica, ma il peso della distanza fisica comincia veramente a farsi sentire.”

Pubblicato il 24.05.2021

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Pubblicato il 24.05.2021

“Non sopporto gli stereotipi etnici, soprattutto i soliti sugli italiani, secondo i quali saremmo tutti “pasta, pizza, mafia, calcio”. C’è sicuramente del vero, però noi italiani siamo molto di più ed è giusto che veniamo ricordati per essere, ad esempio, il paese al mondo con più siti Unesco. Però sono pronta ad ammettere che abbiamo molti difetti in quanto nazione, tra i quali purtroppo spiccano il maschilismo e il sessismo, temi che mi stanno a cuore.

L’Italia è un paese dove la gerarchia di genere resta imperante. Dati alla mano, le donne sono discriminate nelle opportunità lavorative, guadagnano meno degli uomini e raramente occupano posizioni di rilievo. Ancora peggio, le donne continuano ad essere vittime della violenza di genere e la molestia da strada in Italia continua ad essere tollerata e a non essere presa sul serio. Quando arrivai qui a Los Angeles per me fu una grande liberazione poter uscire di casa con la gonna corta o gli shorts senza che nessuno, e sottolineo, nessuno mi importunasse. A nessuno dei miei colleghi a UCLA venne in mente di fare osservazioni fuori luogo sui miei capelli platino e rosa, mentre docenti italiani non mi presero sul serio per via del mio aspetto fisico in diverse occasioni.

Per quanto riguarda il modo in cui vedo il Piemonte da fuori, in tutta onestà, sono molto fiera di essere piemontese, e questo sentimento è aumentato stando lontana. Amo il nostro patrimonio culturale e le nostre tradizioni. Da buona astigiana, sono molto affezionata al Palio, e sono un membro attivo del Comitato Palio e del Rione San Silvestro. Non posso negare che il cuore mi si riempie d’orgoglio ogni volta che vedo i nostri prodotti locali nei ristoranti o nei negozi qui negli States. Fatto curioso, quando le persone mi incontrano per la prima volta spesso mi dicono: “Veramente? Non l’avrei detto che eri italiana!”.

Pubblicato il 25.05.2021

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Pubblicato il 25.05.2021

L'itinerario di questa storia 

Scapà da ca è un progetto della Fondazione Enrico Eandi, fondazione culturale piemontese dedita alla valorizzazione, divulgazione e promozione del patrimonio culturale del Piemonte.